Era il 1993…
Sembra ieri… a bordo della Fiat Punto di Pietro Cinti insieme a Leto Lorenzoni, andavamo a Perugia, presso una grande tipolitografia per capire come si potesse «creare» un giornale dal nulla; eravamo armati di tanto entusiasmo e curiosità, ma del tutto privi dell’esperienza e dei mezzi tecnici necessari, tuttavia la forte spinta che ci veniva anche da nostro padre Lamberto, fu determinante.
Chi avrebbe mai pensato di arrivare al traguardo dei trent’anni?
La nostra mission, da allora, è sempre la stessa: lasciare alla storia, finché ne avremo la forza, un segno di Amelia, di noi, dei nostri passi, della vita che trascorre all’ombra delle mura poligonali.
Negli anni abbiamo riscosso tanti consensi dai nostri assidui lettori, dai tanti abbonati amerini che risiedono fuori regione o all’estero, e un grande sostegno dagli sponsor (alcuni dei quali sono presenti fin dal primo numero, come Tivaviaggi, Gioacchino Barcherini, Claudio Miliacca) che ringraziamo per la generosa vicinanza.
Abbiamo dovuto superare anche difficoltà, certamente, ma non è mai venuto meno quell’entusiasmo iniziale e, anzi, il nostro attaccamento verso questa testata è aumentato sempre più, fino a farla diventare un’istituzione anche per noi stessi.
La nostra riconoscenza va, anzitutto, al signor Leto Lorenzoni, che ci ha insegnato praticamente… tutto: come un padre, consiglia e sostiene; come un amico, suggerisce. è stato sempre in prima linea in Redazione, anche da lontano, in questo periodo di Covid. Discreto, lungimirante, competente, continua ancora oggi ad essere il nostro punto di riferimento nella stesura del lavoro redazionale.
Ringraziamo il nuovo direttore responsabile, dott. Giorgio Pezza, che ha voluto mettere a disposizione de «il Banditore» le proprie competenze professionali e la profonda sensibilità umana permettendoci di andare avanti in questa avventura.
Anno dopo anno riceviamo lo stimolo maggiore e la gratificazione più incoraggiante dai nostri abbonati e dagli affezionati lettori, che continuano a sostenerci e a credere in questo progetto, e con i quali condividiamo il desiderio di informare ed essere informati sulle vicende della nostra piccola cittadina, con l’intento di conservarne i caratteri identitari e di mantenere vivi i legami storici, culturali e affettivi che fanno della nostra Amelia una comunità viva e solidale.
Dicono di noi…
Nelle comunità piccole l’idea di identità locale è qualcosa di estremamente tangibile e la conversazione e l’incontro rappresentano gli strumenti che consentono l’infinito esercizio della negoziazione delle identità. In tale contesto, anche nella cosiddetta società del web 2.0, caratterizzata da una generale ossessione connettiva, il giornale locale rimane il punto di riferimento.
Il toccare con mano un giornale prodotto e pensato nella comunità sembra essere rassicurante, avvicina il lettore ai fatti, all’esperienza dell’Altro, consente di ascoltare il respiro della sua comunità.
Quello che conta non è la notizia, ma l’esperienza della notizia, la ricerca di una intimità con la notizia che rafforza il legame con il luogo e, la parola luogo è qui usata per fare riferimento alla posizione in senso sociale e alla localizzazione in senso fisico, ossia al legame sociale e all’appartenenza.
Anche per questo la rassicurante e regolare pubblicazione de “il Banditore di Amelia” rappresenta una particolare espressione della specificità del luogo attraverso le sue invarianti strutturali ovvero i caratteri fondativi, gli elementi che strutturano lo spazio sociale. Sono, infatti, i caratteri identitari degli amerini che costituiscono il valore del luogo.
Il sentimento di essere amerini, anche attraverso una analisi testuale degli articoli pubblicati nel “Banditore”, nasce dal continuo richiamo a cosa si dovrebbe e si potrebbe fare per Amelia a partire da quelle osservazioni che potrebbero essere definite come intime, poiché Amelia viene vista e percepita come fosse una Madre.
I tanti occhi che guardano alla città dall’interno cercano di rendere visibile in maniera oggettiva ciò che lo sguardo quotidiano e l’abitudine sottraggono: vi è lo sforzo di una comunità di trasformare in oggettivo ciò che viene, a prima vista, visto solo soggettivamente.
Qui matura l’orgoglio per la bellezza della natura, la ricchezza umana delle città, la storia e la cultura, elementi che ad Amelia si respirano ovunque. Una città in grado di offrire un unicum sofisticato di sensazioni semplici e primarie che fanno star bene gli occhi, il cuore, la mente. L’anima e il corpo, insomma. Fonte pregiata di uno stile e una qualità della vita che ne fanno un centro di benessere a cielo aperto.
Tutto questo anche grazie a una Madre, Amelia, che pazientemente, da tempo immemorabile ascolta e risponde agli occhi che sanno guardare.
Raffaele Federici